Fondazione Dignitas Curae

Manifesto per la
Sanità del futuro.

Stiamo vivendo oggi un periodo di crisi del Sistema Sanitario Nazionale; le ragioni sono varie, ma riconducibili alla perdita dell’equilibrio tra mantenimento dell’offerta di cura e sostenibilità dei costi. L’iper-specializzazione della medicina conduce il malato a vivere un percorso di cura frammentato e senza chiari riferimenti a chi lo cura. Di qui il bisogno di coniugare le competenze tecniche e scientifiche con il sapere umanistico e l’etica comportamentale, con l’obiettivo di ritrovare una medicina centrata sulla persona: una medicina sostenibile e proiettata in un orizzonte di ri-umanizzazione delle scienze e delle cure mediche.

Cambiare il paradigma di cura in una sanità in crisi è un’ambizione alta e audace. Per questo è necessario anzitutto sensibilizzare la mentalità e la volontà dei cittadini, attivando un movimento di opinione che possa influenzare favorevolmente il futuro della medicina.

Con questo obiettivo, abbiamo redatto “Dignitas Curae”, un Manifesto per la Sanità del Futuro, centrato sulla dignitas propria di ogni persona, che richiama principi di natura antropologica e morale e delinea obiettivi e garanzie.

La salute è il primo valore in cui prende forma il bene inestimabile della vita.

Bene dell’ordine dell’essere, più che dell’avere, perché ciascuno è la sua vita. La salute ne esprime lo stato di benessere, che è nelle aspirazioni di tutti. Come tale è un diritto fondamentale, sancito dalla Costituzione.

Non un’idea astratta e ipotetica di salute, ma effettiva e reale, configurabile nel concetto di “salute possibile”, rapportata alle condizioni e all’età di vita di ciascuno; e declinata in senso integrale: non solo fisico ma altresì emotivo, spirituale e sociale.

La salute è un bene individuale e nel contempo relazionale.
Ciò a motivo dell’interdipendenza, che è il modo di essere al mondo dell’uomo, non solo nell’ecosistema naturale, ma anche in quello sociale. Il che è un dato e insieme un compito, che chiama a una solidarietà di cura. L’uomo non è, se non è preso in cura. Perché la vulnerabilità è condizione del nostro essere al mondo e dispone a prendersi cura.

La cura è un avvenimento reciproco. Perché tutti bisognosi e tutti donatori: riflesso questo dell’esse indigens et offerens della persona umana, soggetto e insieme oggetto di cura.

Curare per prevenire. Curare per sanare. Curare per riabilitare. In senso sia medico, garantito dalla competenza professionale (to cure); sia etico, garantito dalla carica di umanità (to care) di ciascuno. A monte c’è la ricerca scientifica, cui guardare con occhi di ammirazione e affidamento, per il contributo progressivo e innovativo all’efficacia e sicurezza delle cure. Con la ricerca la didattica: un insegnamento che favorisca, con l’acquisizione delle competenze, lo sviluppo di una visione integrale della persona e della cura, perché è il pensiero che muove l’azione.

La cura della persona comporta la cura dell’ambiente e della biodiversità, la cui vitalità è garanzia di salute e ha efficacia curativa umana, come e non meno dei determinanti sociali, oggetto anch’essi di attenzioni e premure. Tutto questo oggi va incontro a delle criticità. Le sfide delle biotecnologie, dell’aziendalizzazione della sanità, delle allocazioni delle risorse, dell’intelligenza artificiale in medicina, del neoliberismo in campo medico, della globalizzazione dei problemi sanitari, epidemiologici in particolare, delle diffuse condizioni di svantaggio sociale inducono a ripensare e rivalorizzare la relazione di cura, con l’obiettivo alto di raggiungere una “cultura della cura” che ne faccia trasparire la dignità – dignitas curae – agli occhi di chi la pratica e di chi ne beneficia. Dire dignità è dire il valore umano e umanizzante della cura per l’individuo e per la società. Un valore salutare, che in prospettiva di fede assume significato salvifico.

Una “cultura della cura” mette al centro il paziente.
È questa la grande sfida per le istituzioni, da quelle educative a quelle operative. Con responsabilità più elevata per le prime.

È questa un’emergenza dell’oggi. Il progresso favorito dai successi della ricerca scientifica e dall’innovazione tecnologica in campo biomedico ha portato a traguardi considerevoli, sia in termini di guarigione che di qualità e aspettative di vita. In questo contesto i sistemi organizzativi sanitari sono evoluti, sotto la spinta dell’efficientamento economico, verso un’organizzazione centrata sull’ospedale e non sul paziente, che si trova a vivere un percorso di cura frammentato e senza chiari riferimenti a chi lo cura. Frammentazione e smarrimento accresciuti dall’estrema specializzazione della medicina, che devia lo sguardo dal malato sulla malattia. A questa situazione critica contribuisce non poco il fragile equilibrio tra qualità delle cure e sostenibilità dei costi. Da qui le sollecitazioni provenienti dalle medical humanities, che evidenziano il bisogno di coniugare insieme le medical technologies, vale a dire le scienze e le tecnologie mediche, con i saperi umanistici e comportamentali. Dal cui concorso emerge l’esigenza di una ri-umanizzazione della medicina, volta a ritrovare il carattere umano che le è proprio, ponendo al centro dei percorsi di cura la persona, in un approccio olistico che polarizzi l’attenzione sulla totalità inscindibile delle componenti fisica, emotiva, spirituale e sociale. Una medicina empatica, che rimuove distanze e divari medico-malato e valorizza le relazioni che sono tempo di cura anch’esse.

Questa è un’arte (ars medica) che coniuga insieme umanità ed efficienza: un curare che non solo non toglie nulla all’efficienza ma ne accresce l’efficacia e assicura la sostenibilità. Tale arte, tuttavia, comporta una mens nova, che attivi un cambiamento radicale del pensare e operare medico. Un cambiamento dalle derive neoliberistiche dominate dalla logica della competizione, della mercificazione, del consumo, del profitto, piuttosto che della cooperazione, della valorizzazione, della solidarietà, della gratuità. Un cambiamento che comincia nell’interiorità delle coscienze, dalle cui profondità trabocca “fuori”, in ogni ambito – relazionale, progettuale, gestionale, strutturale, istituzionale – dell’operare medico.

Principi di riferimento

Questi orientamenti, volti a fondare e avvalorare la dignità della cura, prendono forma in principi generali che ne ispirano i comportamenti in ogni ambito e ad ogni livello del pensare, decidere e agire medico-sanitario.

Dignità di persona e Uguaglianza

  • A monte della dignitas curae c’è la dignitas personae. Ogni malato, in quanto persona, merita riconoscimento e rispetto e quindi le cure a lui dovute. Non esistono malati “diversi” per età, sesso, appartenenza, ceto sociale, credo religioso, grado di cultura, infermità, regime di cura (privato o pubblico).
  • Tutti, senza alcuna distinzione, hanno parità di accesso alle cure in rapporto ad uguali bisogni

Pari Dignità

  • Pari dignità degli operatori. Ogni figura sanitaria, nell’esercizio del proprio ruolo (medico, infermieristico, tecnico-sanitario), ha pari dignità: uomo o donna, ospedaliero o universitario.
  • Pari dignità nella diversità delle specializzazioni e dei gradi gerarchici.
  • Pari dignità delle strutture di cura. Non esistono ospedali di serie A e di serie B: catalogati su criteri di grandezza, presenza di specialità, localizzazione nel territorio (centro hub e centro spoke). Ogni struttura, nel ruolo che le è proprio, è al servizio del malato, con le risorse e le competenze previste nei percorsi di cura.

Libertà di scelta e Diritti

Al malato dev’essere garantito il rispetto dell’autonomia decisionale, tenuto conto delle effettive capacità di metterla in atto e fatte salve legittime esigenze di bene comune.

Tale garanzia si concreta:

  • nella libera scelta del luogo di cura e dell’equipe curante, stante la capacità odel sistema sanitario di attuarla;
  • nel diritto ad essere informato sulle terapie e a dare il consenso o negarlo;
  • nel diritto ad essere accompagnato, entro il quadro di alleanza terapeutica omedico-malato; accompagnamento che aiuta il malato a capire e decidere oe, col venir meno di queste capacità, induce il medico a farsi carico della ocura più appropriata;
  • nel diritto allo standard di qualità, alla sicurezza e all’innovazione tecnoologica;
  • nel diritto alla riservatezza e al miglior confort possibile.

Sanità e profitto

Quanti – persone fisiche o organizzazioni – traggono profitto nella sanità, hanno l’obbligo morale di proporzionare i guadagni agli impieghi di risorse e al carico di lavoro.

Obiettivi e garanzie

Un’organizzazione dell’offerta sanitaria centrata sulla persona mira a curare il malato e non solo la malattia.

Ciò comporta il concorso organico di tutti gli attori della sanità nel:

  • proporre e attivare una medicina personalizzata, calibrata sulle caratteristiche individuali dei pazienti;
  • impostare il percorso di cura sul paziente e sul suo problema di salute;
  • promuovere una metodologia dei percorsi di cura centrata sulla multidisciplinarietà e condivisione delle scelte diagnostiche e terapeutiche;
  • assicurare, nell’iter curativo, un continuum tra diagnosi, terapia e riabilitazione;
  • garantire il diritto alla prevenzione primaria e secondaria, favorendone l’integrazione nel processo assistenziale, secondo il principio di continuità delle cure;
  • assicurare la continuità assistenziale nei luoghi di cura e nel collegamento tra essi, con la comunicazione e trasmissione delle informazioni lungo il percorso di cura dei pazienti;
  • garantire il tempo necessario al percorso assistenziale, considerando che anche il supporto psicologico e spirituale è tempo di cura;
  • aprire il percorso all’attiva collaborazione della famiglia, consapevoli del ruolo curativo che le è proprio;
  • anteporre, nelle programmazioni politico-amministrative, il dovere di tutela della salute dei cittadini;
  • mirare a una coerente collaborazione, nei rispettivi ambiti di competenze, tra i livelli di governo della sanità: stato, regioni, aziende e comuni;
  • con l’obiettivo di assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale e livelli di prestazioni sanitarie appropriate per tutti i cittadini;
  • integrare l’assistenza sanitaria con quella sociale (potenziamento del welfare socio-sanitario), con attenzione privilegiata alle persone deboli e cagionevoli, al fine di garantire la salute al di là del processo di cura temporaneo;
  • incentivare una medicina solidale a supporto delle povertà sanitarie, a raggio non solo locale e nazionale, ma transnazionale e mondiale; una medicina in grado di farsi carico dei bisogni di cura e profilassi di tutti, specialmente dei più indifesi ed esposti; e questo a cominciare dai detentori di brevetti e privative mediche, consapevoli che le invenzioni e acquisizioni sanitarie, fatti salvi i giusti diritti di ricerca e produzione, devono diventare opportunità per tutti.

Muove da questa presa di coscienza l’invito – a uomini e donne sensibili a intercettare criticità e sfide dell’oggi – ad adoperarsi per un nuovo umanesimo in medicina. Un umanesimo centrato sulla dignitas curae, riflesso della dignitas personae in condizione di infermità e bisogno, nell’oggi del mondo in cui la vulnerabilità sollecita nuove attenzioni, premure e progetti.

Impegno

Faccio mia questa coscienza valoriale, ne condivido l’appello a rispondere alle
criticità e alle sfide per un nuovo umanesimo centrato sulla ‘dignitas curae’ in
campo socio-sanitario, e – come persona e per i compiti che mi competono nella
società – do la mia attiva adesione.

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